Spencer Hastings e la donna coi cartoni di caffè.

«Glielo ripeterò un’altra volta, e sarà l’ennesima, sono qui per vedere la signorina Hastings. – recitò a macchinetta una giovane donna con indosso un abito color magenta e due cartoni di caffè fumante in mano, alla giovane assistente che sedeva nella scrivania all’ingresso dell’ufficio legale della sua amica.  – No, non ho un appuntamento, gliel’ho già detto. No, non aspetterò che lei finisca la telefonata, io pretendo di vedere Spencer Hastings adesso! No, lei non capisce, mi creda, non capisce: non dormo da tre giorni, sono sotto sedativi, è molto probabile che nelle mie vene ci sia più camomilla che sangue, la batteria del mio cellulare riposa in pace ed io sto seguendo una nuova dieta a base delle mie unghie, ho bisogno della mia amica, ORA!»

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«Ana, attacca subito quel telefono. – disse una donna in tailleur nero arrivando alle spalle della donna con i cartoni di caffè. – Ho bisogno che ti occupi di questo per me. – fece adagiando un fascicolo sulla scrivania della ragazza. – Si tratta di una donazione per l’inaugurazione della C.V.P., la fondatrice è una mia amica, c’è tutta la documentazione lì dentro, codice, indirizzo, e poi…»

«Arriva proprio al momento giusto. – la interruppe la segretaria. Era una ragazza di vent’anni appena, con una treccia bionda ed un accento nasale, la migliore che erano riuscite ad assumere appena una settimana prima, visto il poco preavviso con il quale la loro vecchia assistente Ramona aveva dato le dimissioni. – Questa signora si è presentata un’ora fa, senza un appuntamento, e pretende di parlare con…»

«Ciao, Melissa, ti trovo bene.» tagliò corto la ragazza coi cartoni di caffè.

Melissa Hastings ruotò di tre quarti il suo bacino per gettare un’occhiata di sufficienza sulla nuova arrivata. Non appena i suoi occhi color castagna però misero a fuoco chi lei fosse l’espressione del suo viso si sciolse in un sorriso entusiasta, e gli occhi le brillarono di gioia mentre già tendeva le braccia a stringere la nuova ragazza.

Non era molto cambiata, rispetto a dieci anni fa. Il suo solito tailleur nero, i suoi soliti modi composti, la voce melliflua. Aveva tagliato i capelli in un caschetto molto elegante, e non era possibile non scambiarla per Veronica al primo sguardo. Era lo squalo bianco degli avvocati, aveva la scaltrezza di suo padre e le palle di sua madre (tristemente l’ormai defunto Peter Hastings quelle non le aveva mai avute), ed un fascino ed una malizia totalmente originali.

«Cosa ci fai qui? Quando sei arrivata? – fece dopo averla abbracciata – E’ tutto il giorno che provo a chiamarti al cellulare e tu… Wow, hai davvero una brutta cera…»

«Sai, – fece la ragazza dei caffè – non sei la prima a dirmelo… Perdonami, la batteria del cellulare mi aveva abbandonato.»

«Da quanto è che non dormi? – le chiese la Hastings – E che non fai una doccia? E da quando è tornata di moda la coda di cavallo? Volevo parlarti della conferenza, è per questo che ho cercato di chiamarti!»

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«Ora sono qui, – rispose la ragazza, – dimmi tutto.»

«Spencer ti ha parlato di quella causa che stiamo seguendo? Quella del porco che aveva fondato quella finta fondazione di beneficienza e teneva per sé i soldi delle donazioni? Dovremmo essere finalmente arrivati ad una svolta nel processo, ma dovrò recarmi a New York per tre giorni, quindi non potrò essere presente alla tua conferenza. Non hai idea di quanto mi dispiaccia! In realtà sarebbe dovuta andare Spencer, ma non potevo assolutamente permettere che si perdesse la serata, sapevo quanto avresti voluto averla accanto, e perciò mi sono offerta di occuparmene io… Per questo ti avevo cercato oggi, volevo informarti della cosa, e darti in anticipo un assegno con la mia donazione, ovviamente è anche da parte di Gabriel…»

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«Oh, sì, il detective Holbrook, come sta?» le chiese la ragazza con i cartoni di caffè «Viene con te a New York?»

«Non mi avrebbe mai lasciato andare sola, la sua mogliettina sola nella Grande Mela, ma ti pare» rispose la grande Hastings «Spencer si occuperà delle bambine, rimarranno con lei per tutta la settimana mentre noi siamo via.»

«A proposito di Spencer,» fece l’altra «io dovrei…»

«Parlare con lei, giusto!» la interruppe Melissa «Ana,» fece rivolgendosi alla segretaria «scorta la mia amica nell’ufficio di sua sorella, adesso. È stato un piacere vederti, gioia.» disse poi abbracciando la ragazza «Ora corro a preparare le valige, domani dobbiamo metterci in viaggio. Baci!»

Detto ciò si staccò dall’abbraccio e si avviò all’uscita mentre la segretaria dalla treccia bionda lasciava la sua scrivania e faceva cenno alla ragazza con i cartoni di caffè di seguirla lungo il corridoio.

Con voce terribilmente nasale disse, dopo aver bussato tre volte alla porta dell’ufficio: «Signorina Hastings, c’è una persona che chiede di parlare con lei, sua sorella mi ha detto di farla passare anche se non ha un appuntamento, dice di chiamarsi…»

«Sono io, Spence, io!» recitò infastidita la ragazza dei caffè. «Potresti dire a questo genio della tua assistente di farmi entrare per fav…»

Ma non riuscì a concludere la sua frase che la porta era già stata spalancata, ed una Spencer Hastings in camicia bianca e tailleur azzurro correva ad abbracciarla.

«Questi sono per l’archivio, Ana.» disse consegnando alla segretaria una cartellina azzurra «Lasciaci sole. E tu, diamine, perché non hai chiamato?» fece rivolgendosi alla ragazza dei caffè, dopo averla spinta dentro ed aver richiuso la porta alle proprie spalle. «Ti avrei fatto entrare all’istante, hai la priorità assoluta, lo sai, no?»

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«Batteria morta,» disse sventolando il proprio cellulare «per fortuna ho incontrato tua sorella, lei mi ha fatto passare, ti ho portato del…»

«Caffè, l’ho notato,» disse togliendole entrambi i cartoni di mano «col cavolo che ti avrei fatto entrare senza. Melissa ti ha dato l’assegno?» chiese Spencer andando a sedersi dietro la sua scrivania. «È tutto il giorno che prova a chiamarti, sai, non potrà esserci alla conferenza, deve…»

«Mi ha già spiegato tutto, tranquilla, so  che le bambine verranno a stare da te. Hum… Spencer… Tu lo sai che uno dei due caffè è il mio, vero?»

«Hanna mi ha detto che sei sotto calmanti, i caffè spettano a me.» rispose la Hastings «Sì, Lydia e Chastity staranno a casa mia, non vedo l’ora, adoro le mie nipotine. A proposito, cosa ha portato la donna dei discorsi allo specchio ad uscire finalmente di casa?»

«Mi serve una mano, Spence, ho riscritto il discorso una mezza dozzina di volte, continuo a trovarlo inappropriato, ti prego, aiutami: solo dopo che tu ci avrai dato un’occhiata mi sentirò abbastanza tranquilla da non posarci più sopra la penna. Ti prego.»

La più giovane delle Hastings la guardò da dietro la sua scrivania. Dopo essersi laureata ad Oxford aveva riallacciato i rapporti con sua sorella, ed insieme avevano deciso di aprire quell’attività, seguendo quelle che erano state le impronte di Veronica, che aveva prestato loro la caparra per aprire lo studio. Non era stata fortunata in amore quanto lo era stata in carriera, ed aveva deciso di mettere una pietra sopra all’odiato discorso “uomini”.

«Passami quegli appunti, avanti.» disse Spencer tendendo la mano verso la ragazza dei caffè.

Dopo averli afferrati si mise a leggerli attentamente, inforcando i suoi occhiali a mezzaluna da lettura, mentre sorseggiava il primo dei caffè.

L’altra ragazza la guardava con ansia, cominciando a mangiucchiarsi le unghie dal nervoso, mentre la Hastings scrutava pagina per pagina correggendo ora questo ora quest’altro, finendo di bere il primo caffè ed inaugurando il secondo.

«Tu lo sai che la dipendenza da caffeina è una patologia, vero?» fece l’altra ragazza.

«E lo è anche l’onicofacia, tesoro.» rispose Spencer senza alzar l’occhio dal foglio «quindi togli quelle mani dalla bocca. Hum… sì, così va meglio, ecco, penso che ora sia perfetto.» disse finendo di correggere gli appunti della sua amica, per poi porgerglieli. «A prova di avvocato, garantisce Spencer Hastings.» aggiunse strizzandole l’occhio.

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«Te ne sono
immensamente grata, tesoro.» disse l’altra ragazza afferrandoli «Non so come ringraziarti, non lo so davvero, io…»

«Perché non ti fermi per il pranzo?» la interruppe la Hastings «Hanno aperto un chiosco niente male qua sotto, magari potremmo…»

«No, perdonami, non oggi, no davvero.» rispose spiacente l’altra ragazza «Ora che il discorso è corretto dovrò fare pratica. Un’altra volta, la prossima settimana, perdonami ma… Non posso proprio.»

E dopo essersi congedata da una Spencer Hastings che la guardava con aria apprensiva, quella che era stata la donna coi cartoni di caffè abbandonò l’ufficio per tornare a casa. Avrebbe finalmente avuto un nuovo discorso da recitare allo specchio.

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6 commenti su “Spencer Hastings e la donna coi cartoni di caffè.

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